Sei solo in mezzo alla gente, di colpo senti la mente sfuggire.
Il cuore scalpita impazzito come uno stallone al galoppo, la gola riempita dall’aria soffoca.
La testa oscilla di vertigine come sul ciglio di uno strapiombo. La paura dilaga e cerchi una strada per sfuggire, ma non si può sfuggire da se stessi e dalle proprie sensazioni.
Sudore gelido sulla pelle, ti senti impazzire e morire al tempo stesso. Cerchi di controllare la mente, ma è lei che controlla te.
Benvenuto nel mondo del panico!
Il panico, in quanto reazione psicofisiologica, può essere definito come la forma estrema della paura.
La paura è un’emozione importante per la nostra sopravvivenza, nasce di fronte ad un pericolo reale che può recare danno, di conseguenza consente di mettere in atto comportamenti che ci proteggono.
L’attacco di panico invece, è una condizione psichica in cui la persona sperimenta intensa paura come espressione di un disagio personale che prende forma in mancanza di una reale situazione esterna di pericolo che, viene però decodificata tale in base al proprio mondo interno.
La prima volta è un’esperienza terribile, improvvisa, inaspettata, un fulmine a ciel sereno, un’esperienza che come una lama affilata apre uno squarcio nel senso di sicurezza di chi lo vive.
Sintomi
A livello somatico e cognitivo avviene un’escalation dell’ansia normalmente presente che raggiunge l’apice nel giro di pochi minuti e conduce a sintomi quali: palpitazione, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, paura di morire o di impazzire, sensazione di derealizzazione, parestesie (intorpidimento o formicolio), brividi o vampate di calore.
Un singolo episodio è sufficiente per innescare la paura che l’attacco si verifichi di nuovo.. così nasce il disturbo di panico, come “paura della paura” e ci si ritrova impelagati in un circolo vizioso cui si associano pensieri catastrofici automatici ed incontrollati che riempiono la mente della persona e che fanno temere che tali attacchi indichino la presenza di una malattia non diagnosticata, pericolosa per la vita (per es. cardiopatia epilessia).
La combinazione tra le sensazioni concrete propriocettive e le attribuzioni di senso conducono allo strutturarsi del circolo vizioso della paura patologica.
La persona avverte sensazioni di alterazione, queste innescano pensieri e convinzioni minacciosi, che retroagiscono veicolando nell’organismo ulteriori reazioni di allarme, che conducono ancora a maggiori alterazioni psicofisiologiche, queste ultime a loro volta alimentano le terrorizzanti forme di pensiero associate a ciò che sta accadendo. Questa dinamica circolare conduce al “tilt” mentale e psicofisiologico che è l’ADP.
Agorafobia
La più frequente tra le fobie associate al disturbo di panico è l’agorafobia, ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato.
La persona che ne è affetta si costringe ad una vita di limitazioni per evitare l’adp oppure cerca continuamente la presenza rassicurante di qualcuno pronto ad intervenire. Nel tempo, si può arrivare a richiedere l’aiuto di un conoscente anche per spostamenti apparentemente piccoli e banali.
Ma è proprio questo meccanismo di evitamento delle situazioni ansiogene che alimenta il circolo vizioso, così che si diventa schiavi del proprio disturbo. Quando si arriva al punto che per effettuare anche piccoli spostamenti bisogna richiedere aiuto, ciò che viene compromessa è l’autonomia e la qualità della vita, pilastri portanti che generalmente ogni persona tende a preservare per mantenere il proprio equilibrio.
Fattori precipitanti
Possono verificarsi eventi di vita che fungono da fattori precipitanti, anche se non indicono necessariamente un attacco di panico. Tra gli eventi di vita precipitanti riferiti più comunemente troviamo la separazione, la perdita o la malattia di una persona significativa, l’essere vittima di una qualche forma di violenza, problemi finanziari e lavorativi, l’assunzione di certe droghe o medicinali o il contatto con un elemento legato ad una fobia.
Cura
Se non vengono trattati, panico e agorafobia portano chi ne soffre ad evitare sempre più queste situazioni, ad allontanarsi in modo progressivo dalla società, e a costringere i familiari ad adattarsi ad una vita decisamente limitata.
Per questo motivo chi soffre di panico e agorafobia spesso sviluppa anche una depressione secondaria.
Essendo coinvolta nel meccanismo la rete dei familiari, il supporto psicologico prevede anche la psicoeducazione dei familiari, i quali devono essere istruiti a non organizzarsi per “proteggere” tale paura.
Il fatto che questa patologia dilagante sia così pervasiva e discriminante, non significa che sia una condanna dalla quale è impossibile liberarsi. Negli ultimi decenni questo disturbo è divenuto una sorta di epidemia sociale e ad oggi è disponibile una vasta gamma di efficaci terapie in grado di aiutare chi ne soffre.
Una buona terapia deve condurre rapidamente all’estinzione dei sintomi di panico e successivamente, alla consapevolezza e fiducia nelle proprie risorse personali.
Bibliografia
Nardone G., Non c’è notte che non veda il giorno, Ponte alle Grazie, Milano, 2003
Nardone G., Paura, panico, fobie, Ponte alle Grazie, Milano, 1993
Rovetto F., Il panico, McGraw-Hill, Milano, 1995