Malattie
Long COVID: cos’è, come si diagnostica e come si cura
La pandemia da COVID 19, oltre ad aver lasciato una scia di morti compianti, porta con sé un terribile male silenzioso che può affliggere chi è riuscito a guarire.
Si tratta del cosiddetto long COVID, un fenomeno che si può verificare nei pazienti ex positivi al SARS-CoV-2 che, nonostante abbiano debellato con successo il virus, continuano ad avere manifestazione sintomatiche piuttosto importanti.
Tutti ormai sappiamo che i campanelli di allarme del COVID sono affanno, stanchezza cronica, bassa saturazione, febbre alta, tosse e mancanza di gusto e/o olfatto.
Solitamente questi sintomi si estinguono con la guarigione ma gli scienziati hanno evidenziato che, in alcuni pazienti ex positivi al coronavirus, non sempre svaniscono, continuando anzi a tormentarli.
Il long COVID è proprio questo: continuare ad avere i sintomi da infezione da COVID 19 anche se, sulla carta, si è debellato.
La nomenclatura del disturbo è stata proposta direttamente dai malati all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) poiché da l’idea di continuazione della malattia.
Ma come possiamo riconoscere se siamo affetti da long COVID? Ci sono cure efficaci per dire addio una volte per tutte ai sintomi? Facciamo insieme un po’ di chiarezza.
Sintomi del long COVID
Gli infettivologi hanno evidenziato che le persone che rischiano di essere colpite da long COVID anche dopo che si sono negativizzate sono, nella maggior parte dei casi, donne sotto i 60 anni di età e/o quelle di età avanzata.
Gli esperti hanno inoltre isolato circa 200 sintomi di long COVID; tra i più comuni troviamo:
- stanchezza cronica (astenia)
- affanno
- problemi di memoria e/o di concentrazione
- depressione e/o ansia
- annebbiamento mentale (brain fog)
- perdita di olfatto (anosmia) e/o gusto (ageusia)
- dolore e/o senso di oppressione al petto
- insonnia
- palpitazioni dopo il minimo sforzo
- vertigini
- formicolii
- dolori articolari
- debolezza muscolare
- fischi, ronzii e/o male all’orecchio
- diarrea
- dolori di stomaco
- perdita di appetito
- febbre
- tosse
- mal di testa
- mal di gola
- eruzioni cutanee
La presenza di uno o più di questi sintomi rende le persone inabili a condurre una vita normale anche dopo essersi negativizzati dal COVID 19.
Diagnosi del long COVID
I sintomi sovra elencati sono comuni a molte altre infezioni che con il COVID non c’entrano nulla; tuttavia i medici, in presenza di pazienti ex COVID che, a distanza di due mesi dalla negativizzazione del tampone, continuano a manifestare uno o più disturbi della lista, possono procedere con la diagnosi di long COVID.
Il medico quindi, per avere certezza del responso, può decidere di sottoporre il paziente a esami più scrupolosi volti a controllare il corretto funzionamento degli organi.
Per testare il respiro, si può fare per esempio la spirometria, un esame in cui si soffia all’interno di un tubo per capire la capacità polmonare.
Per controllare il cuore invece ci si può sottoporre ad un elettrocardiogramma sotto sforzo, di modo da capire se le funzioni cardiache siano apposto.
Terapie e cure
Purtroppo, ad oggi non esistono cure specifiche per debellare il long COVID.
Gli esperti, al fine di alleviare i sintomi che il paziente presenta, procedono con la cura della singola manifestazione.
In base al disturbo infatti lo specialista decide quale sia l’iter terapeutico più giusto da consigliare al suo assistito.
Cause del long COVID
Proprio come per le cure, anche per le cause del long COVID non esiste una risposta univoca.
Gli scienziati pensano che il disturbo si manifesti in seguito a diversi meccanismi, tra cui si annoverano il danno diretto causato dal COVID 19 a uno o più organi interni e/o l’anormale coinvolgimento del sistema immunitario o di quello nervoso.
Nel caso del sistema immunitario, alcuni ricercatori pensano che il virus si infiltri attuando il mimetismo molecolare e che quindi il sistema, con lo scopo di eliminarlo, attacchi per sbaglio organi e tessuti sani, dando vita al processo noto come autoimmunità.
Ciò spiegherebbe perché il long COVID sembra colpire in maggior prevalenza le donne: le appartenenti al gentil sesso hanno infatti un risposta immunitaria più forte -rispetto agli uomini – sia per motivi genetici sia per motivi ormonali.
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